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28 giorni dopo (2002)

Aggiornamento: 10 ago 2019

Quando si pensa a certo cinema d’assedio, con e senza i nostri amati morti viventi, si pensa inevitabilmente a cult senza tempo come Zombi 2, Dawn of the dead o District 13, giusto per fare qualche rapido (e decisamente autorevole) esempio.

Con i suoi “28 giorni dopo”, Danny Boyle riscrive qualche paragrafo di questo tipo di cinema che, malgrado gli anni, continua a solleticare le  fantasie più estreme di sceneggiatori e registi.

Non sempre con risultati eccellenti...

Ma non è questo il caso. Perchè il film di Boyle è un vero e proprio sussidiario dell’assedio, un film di zombi senza zombi, un romantico e angosciato tributo a Romero.

Sembrerebbero voraci di carne umana, esattamente come i loro cugini non morti questi zombi inesatti. Attaccano gli esseri umani a mani nude, lacerando e mordendo. Ma non per cibarsene. Attaccano per contagiare.

Infezione. Epidemia.

Tipico virus sfuggito dall’altrettanto tipico e segretissimo laboratorio governativo, ben nascosto nelle nebbiose campagne inglesi. Dove impauriti e malcapitati primati vengono sottoposti a indicibili torture dalla peggior specie del pianeta…

Inutile dire, ma lo diciamo perché siamo qui per questo, che la rivincita delle sventurate scimmiette, bersaglio di questo ennesimo malaffare dei (sub)umani, è dietro l’angolo: un gruppo di motivati quanto sprovveduti animalisti irrompe nell’officina dell’orrore, libera i primati e, con essi, l’infezione.

Rabbia. Questa è la malattia “creata” e inoculata nel sangue delle scimmie. Rabbia.

Che qui è, letteralmente, il progetto stesso del Male. E’ sangue vomitato e infetto, è violenza cieca, senza ragione, senza direzione. Una nebulosa di ferocia che esplode, velocissima e voracissima, contagiando tutto ciò che è vivo.

Il protagonista, Jim (un notevole Cillian Murphy) è figlio di un miracolo in un mondo al collasso. Si è appena svegliato su un letto d’ospedale da un coma apparentemente irreversibile.

Comincia a vagare alla ricerca d’aiuto, smarrito, privo di ogni coordinata temporale e spaziale. A malapena riconosce la sua Londra, a prima vista disabitata, ostile, assai suggestiva; complice anche la Fotografia (premiata nel 2003, con l’European Film Awards) di Anthony Dod Mantle che ritaglia, sfoca, opprime, brucia e annichilisce.

La fortuna lo assiste ancora una volta: incontra due improvvisati soldati (loro malgrado) di ventura, divenuti esperti e cinici conoscitori della nuova specie, di quegli altri. Gli infetti.

Lo salvano, lo rifocillano con quel che è rimasto sulla Terra, bibite e merendine; e lo riportano a casa. Dove, quel che rimane dei genitori, morti suicidi per il dolore di un figlio senza futuro, lo attende sul maleodorante letto coniugale.

Jim è definitivamente svezzato.

Ora Jim deve sopravvivere.

E per questo ha bisogno di Selena (“miss Moneypenny”- Naomie Harris), la sua salvatrice.

Il gruppetto cerca la salvezza, la terra promessa. Un posto sicuro.

Una registrazione audio captata da un radio a dinamo li illude, con un canto gracchiante, che “la salvezza è qui!”

Nessuna salvezza, nessuna Itaca li attende: solo una delle tante declinazioni (forse la peggiore) dello sgretolamento prodotto da una società al collasso.

Una pellicola che narra di un mondo infetto e senza futuro poteva avere un lieto fine? Pare di si. Ad onor del vero avrei preferito una conclusione differente e spietata, cupa quanto l'esordio e memorabile quanto l’incalzante ed efficace colonna sonora.

Un finale che è tutto un tripudio di verdi e amene campagne inglesi con cottage annesso, dove i protagonisti-sopravvisuti si redimono, elaborano il trauma, dormono, mangiano, tornano a sorridere, si rimettono in forze e si risvegliano dall’incubo, destati da una rumorosissima traccia di progresso-salvezza: un aereo militare che li intercetta, facendo pregustare ai Nostri un abbozzo di civiltà. 

La voce del pilota prende atto di ciò che rimane dell’Inghilterra, fa rapporto via radio allo stesso Sistema che quasi l’aveva annientata e ritorna alla base.

Poco prima dell’apocalisse finale.

Ma questa è altra storia, altro film: appena 28 settimane dopo…

Rabbia...

Regia: Danny Boyle

Produzione: British Film Council, DNA Films (2002)

con Cillian Murphy, Naomie Harris, Megan Burns

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