Christine è un vecchio amore, per chi vi scrive, per John Carpenter, per Stephen King che l’ha concepita e infine per lui, il secchione più maledetto e “vincente” di sempre: Arnie Cunningham.
1978, Rockbridge, California. Il giovane Arnie, tutto tremori e pallori, ha le carte in regola per essere il perdente perfetto: insuccesso con le donne, enormi occhiali da super-super-miope, secchione e, a peggiorare il quadro e definire i “perchè” del personaggio, una famiglia iperprotettiva e pedante.
Unico conforto, l’atipico campione di football Dennis, l’immancabile migliore (e unico) amico che, esattamente il primo giorno di scuola, lo difenderà da una banda di bulli.
Il karma benevolo fu dietro l’angolo, ma i tre spacconi giurano vendetta...
Sulla strada di ritorno da un primo giorno di scuola apertosi sotto i peggiori auspici, Arnie incrocia lo sguardo dei due fari spenti e senza vita di una Plymouth Fury del ‘57, tutta ruggine e sporcizia.
Un colpo di fulmine in odor di carburante aleggia sulla sequenza come un profumo inebriante, come il canto di un clacson...
Arnie convince l’amico, fortemente perplesso, a fermarsi e contratta con il vecchio e scontroso proprietario della vettura un prezzo che a Dennis sembra folle oltre ogni misura in quanto è un rottame, apparentemente impossibile da restaurare.
Ma la ferita è ormai infetta.
Contro tutto e tutti, genitori in testa, Arnie comincia a prendersi cura delle piaghe della vettura nel lurido garage governato dallo sputacchioso e ributtante Darnell.
E battezza la macchina con un nome che diverrà, per tutti gli amanti del genere, sinonimo di macchina infernale: Christine.
Arnie e Christine procedono al reciproco “restauro”: lui, da pallido e perdente diverrà bello e tenebroso... lei, putrescente metallo evolverà in quel che era quando fu concepita: uno scherzo del demonio.
Nessuno deve toccare Christine, nessuno deve mettersi contro di lei o metterli l’uno contro l’altra: questo è il patto di benzina e sangue.
Così, quando l’avvenente Leigh, la prima a subire il fascino “indotto” e diabolico di Arnie, comincia a dirne di cotte e di crude e ad “aggredire” la macchina, questa fa capire alla giovane rivale che a mettersi contro la figlia del Male (il Male carpenteriano) si ha solo da perdere… Investita da una luce irreale e spettrale la malcapitata rischia il soffocamento dentro l’abitacolo della Plymouth, sotto lo sguardo allucinato e impotente di Arnie.
E’ tutto un crescendo di morti adesso. Christine si prende cura di chi ha voluto e vuole male al suo Arnie. E così, i bulli che avevano giurato prima e compiuto dopo la loro vendetta, la riducono quasi “in fin di vita”: ma vengono sistematicamente massacrati da essa, resuscitata, luccicante e più brutale che mai. E infine il garagista, “demolito” dall’abbraccio di Christine, mentre la radio lo deride, fracassandogli la cassa toracica.
La maledizione, l’amore malsano fra Arnie e la macchina diventano l’urgenza di Leigh e Dennis. Saranno i due a risolvere la questione una volta per tutte, ristabilendo l’ordine delle cose.
O quasi.
Con Christine, John Carpenter non solo dà vita e per certi versi personalità ad un oggetto inanimato ma ci racconta soprattutto di un amore impossibile, inesatto ma non per questo meno poderoso e suggestivo. Quando la pellicola volge al termine quasi ci dispiace che i due amanti abbiano avuto la sventura di conoscersi in quel modo e in questo “mondo”.
Probabilmente, in un altrove che ci è proibito conoscere, Arnie e Christine dileggiano il nostro modo di concepire l’amore “diverso” e corrono ancora lungo autostrade sospese nel buio, nell’afosa evanescenza di una calda estate americana.
In loving memory of Arnie e Christine…
Regia: John Carpenter
Produzione: Larry J. Franco (1983)
con Keith Gordon, John Stockwell, Alexandra Paul
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