Sempre a proposito di cinema d’assedio e sempre a proposito di John Carpenter…
Vorrei potervi rassicurare sul fatto che sarà l’ultima volta che parlo del Maestro.
Ma su queste pagine di sicuro c’è poco o nulla.
Come dimenticare, d’altronde, questa pietra miliare e per certi versi atipica della cinematografia del buon vecchio zio John?
Come non ammettere, tra i denti (preferibilmente digrignanti e rossosangue) che in questo film i protagonisti sono zombi inesatti...
Vivi, teppisti e vegeti.
Ma capiremo meglio parlandone.
Ghetto di Anderson, Los Angeles. Canicola, follia, sudore… qualcuno parla di “macchie solari” (forse un omaggio alle “Macchie solari” del nostro Armando Crispino?).
Un escalation di criminalità, morti ammazzati, guerre fra gang e... qualcosa di terribile che sta per accadere.
La polizia in uno scontro a fuoco ha ucciso alcuni membri della banda dei “Voodoo” (e come potevano chiamarsi sennò!). Ora, così è scritto con sangue e polvere da sparo, vendetta deve compiersi. Restituire il maltolto ai piedipiatti e ucciderne il maggior numero possibile, questo occorre fare. Lo sciame di proiettili (rigorosamente silenziati per non attirare l’attenzione di ulteriore polizia) pungerà a morte, inevitabilmente, anche qualche malcapitato “civile”.
Il biondissimo, silente e freddissimo capo della banda, dipinge, con un colpo netto al cuore, una rosa rosso sangue sul vestito a fiori della piccola Kathy, figlia del “middle class”, Lawson Richards.
E che altro può fare questo padre se non inseguire la vendetta lungo le strade di una Los Angeles devastata dall’oscurità?
Lady Vendetta lo aiuterà a scovare l’assassino della sua prole e il pacato paparino diverrà, per pochi minuti, un boia compiuto.
Ma l’euforia dura poco. Da lontano i “Voodoo” reclamano il pasto...
E’ venuto il tempo di fuggire, Mr. Richards.
E chiedere aiuto a quel che rimane della polizia, presso il Distretto 13.
In questo presidio in dismissione, il tenente Bishop sta coordinando le ultime operazioni di chiusura e inventariazione.
L’ufficiale, fresco di nomina, riceverà il battesimo del fuoco prestissimo, quando, come un proiettile (per restare in tema) la vittima sacrificale dei “Voodoo” irromperà nella stazione di polizia, sotto choc.
Non finisce qui, caro tenente Bishop. Stasera, l’ultima sera, il Distretto 13 deve fare gli straordinari: un pullman della polizia penitenziaria, a causa del malore di un detenuto, si trova costretto a chiedere soccorso ai pochi impiegati dell’avamposto (fra i quali l’affascinante Leigh-Laurie Zimmer).
Napoleone Wilson (Darwin Joston), uno dei detenuti della masnada, destinato alla sedia elettrica (Dead Man Walking...) ci concede il privilegio di conoscerlo, diventando, come spesso accade ai reietti, un indimenticabile e iconico (anti)eroe. Il tenente Bishop, intuendone la cifra già da subito, lo teme e ammira allo stesso tempo.
Un rispetto che diverrà, di lì a poco, il germe di uno salvifico sodalizio.
Noi, spettatori col culo ben piantato sul divano, saremo un po’ Bishop e un po’ Napolone… Galeotti e sbirri per tutta la durata del film.
Intanto fuori, fra le siepi, nascosti tra le macchine, con la complicità della peggiore notte mai scesa sui tetti di Los Angeles (a parte certe “Fughe..”), le armi silenziate dei teppisti-zombi si preparano a rigurgitare odio e pallottole.
Il Male, ritorna.
Distretto 13 – Le brigate della morte, si regge su diverse e robuste pietre angolari: l’ironia crudele di Carpenter, che permea tutte le sue opere e che qui diviene fredda, godibilissima e rude, dietro e dentro la maschera di Napoleone Wilson. Il fascino della cazzuta (perdonatemi ma altro modo non ho di definirla) e definitiva Leigh. L’ encomiabile, angosciato e a tratti pedante senso del dovere di Bishop.
E infine loro, i padroni della notte, i “Voodoo”. Ombre in carne e ossa che scivolano sull’asfalto, dissolvendosi nella notte, uccisori senza volto, sotto l’egida di un fittissimo silenzio, tormentato solo dalla memorabile colonna sonora dello stesso Carpenter: un perfetto magma musicale che ribolle per tutta la pellicola e domina, “sinteticamente”, la temperatura di ogni scena.
Regia: John Carpenter
Produzione: CKK Corporation (1976)
con Austin Stoker, Darwin Joston, Laurie Zimmer
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