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These final hours (2013)

Aggiornamento: 13 lug 2019

“These final hours” è una pellicola “pre-apocalittica” di grande bellezza, di grande impatto emotivo, più che visivo. Diretta da Zak Hilditch che ne ha curato anche soggetto e sceneggiatura, racconta di una Terra che sta per morire.

E nessuno potrà evitarlo.

Con questa crudele e ineluttabile consapevolezza James (un intenso Nathan Phillips), percorre una brulla e afosa Australia a pochi passi dall’essere inghiottita, come tutto il resto del pianeta, dalle empie fauci del diavolo; che qui ha le sembianze di un meteorite caduto dalle parti del nord atlantico. Il nostro pianeta sta per essere divorato da un impietoso tsunami di fuoco

Nelle poche ore che precedono la fine di tutto, il protagonista, apprende dalla compagna Zoe (Jessica De Gouw) che sarà padre. Padre di un figlio senza futuro.

Per questo lui non ci sta. Follia, vigliaccheria o sa il diavolo cos’altro, gli fanno infilare l’uscio di casa, lasciando la donna in balia di un destino che di li a poco diventerà inevitabilmente anche il suo.

Qui comincia il suo viaggio solitario, nella canicola che precede l’ultimo grande inferno sulla terra; l’apocalisse dispiega le sue ali sullo sguardo disarmato di James, fornendogli il peggiore degli scenari o la migliore delle soluzioni: gli inevitabili morti suicidi, impiccati ai pali della luce o con la testa fracassata da un colpo di pistola. E violenze, violenze ovunque.

La Terra sta per finire, la polizia e le autorità sono già in fuga da un pezzo...

Qual’è l’ultima cosa che fareste sapendo di dover morire da un momento all’altro?

Il regista sussurra questa frase per tutta la pellicola, sbattendoci in faccia il peggiore dei nostri “io” o, chissà, quello più schietto, per questo, spietato.

James ha già sperimentato uno dei suoi lati più oscuri, abbandonando la sua compagna a una cieca disperazione; con il peggiore dei rimorsi, fra il fumo dei numerosi incendi e i fumi dell’alcool, si dirige tra le braccia dell’ultimo grande party della storia dell’umanità ad anestetizzarsi anima e coscienza con droga, sesso e superalcolici.

Ma la sorte, nelle ultime 12 ore della Terra, ha previsto per lui la più onesta delle redenzioni.

Durante il tragitto per raggiungere la festa salva un ragazzina, Rose, dai tentacoli di due uomini.

Ritorna ancora una volta la frase sussurrata dal regista: “Qual’è l’ultima cosa che fareste...”.

James affronta i due, anticipandone la morte, e con la piccola Rose fa un patto implicito: lui la condurrà dai genitori con i quali trascorrerà le ultime ore della sua breve vita, lei diverrà l’innocente coscienza che lo persuaderà, tacitamente, a raggiungere la madre di suo figlio…

La benzina tuttavia è poca e malgrado l’accorata richiesta della piccola di essere condotta dalla sua famiglia, James stabilisce per lei una soluzione (ancora una volta prevale l’amor proprio) di comodo: d’altronde il mondo sta per finire e l’ultimo party della storia, probabilmente percepito dal protagonista come una sorta di passaggio indolore verso la morte, non può aspettare.

Rose, dunque, verrà affidata alla sorella di James.

Ma ancora una volta, il Nostro, non ha fatto i conti (o si rifiuta di farli del tutto) con quello che accade. Sorella, cognato e nipoti non ci sono più, sterminati dalla disperazione, in un disarmante omicidio-suicidio. E’ un ulteriore, violento e quasi decisivo morso alle sue emozioni.

Non resta che affondare anima e corpo dentro la magafesta che spalanca il suo portone su una sorta di girone dantesco-woodstock dove le centinaia di aspiranti morenti si abbandonano a vizi e perversioni di ogni tipo.

Rose è l’unica e innocente vittima di questo scempio e James, definitivamente ravvedutosi, dopo averla letteralmente strappata (per la seconda volta) dalla follia di una donna che la scambia per la figlia morta, decide di condurla finalmente da quel che resta della sua famiglia e raggiungere, il prima possibile, la madre di suo figlio…

Probabilmente, il finale di questo film, caliginoso e incandescente, è già scritto (a cominciare dal titolo) e trasuda dalle azioni ora estremamente egoistiche, ora istericamente altruistiche del protagonista.

Un epilogo che potrebbe apparire scontato, magari convenzionale se non fosse che, in questo film, il discreto e depistante indizio di un paradossale lieto fine, sorregge, fino all’ultimo respiro, tutta la storia. E per certi versi, dipende la lettura che se ne vuole dare, il lieto fine c’è...

I delitti che precedono “quelle ultime ore”, sembrano non dover cessare mai: così, da un lato, c’è lo spettatore che agogna la fine, l’inferno risolutivo che cancellerà quel che resta di un’umanità in rovina; dall’altra coloro che probabilmente non hanno mai abbandonato il protagonista invisibile di questa storia, il figlio di James e Zoe.

Un bambino che logora di rimorso l’anima di una padre sciagurato, correndogli accanto per tutto il film, ricordandogli cosa è giusto fare, cosa dovrà fare.

Mi piace pensare ad un parallelo “inverso” con “The Road” di John Hillcoat. In quel caso c’è un padre morente che restituisce al figlio una nuova sorte, sulle ceneri di un mondo già quasi del tutto annientato.

Nel film di Hilditch, invece, è il figlio mai nato che condurrà il padre, anch’egli morente, verso una vita altra.

Il regista, per concludere, mette in scena l’eterno ma sempre efficace conflitto fra la vita (con tutti i suoi eccessi e contraddizioni e per questo, straordinaria) e la morte (austera, definitiva, iniqua), irrorandolo di un personalissimo, persuadente ma indubbiamente spietato e malsano senso di speranza.

Lo spettatore, ormai a pochi centimetri dalla fine di tutto, a qualche millimetro dal rassegnato abbraccio fra James e Zoe (e il fantasma del loro figlio...), assiste meravigliato alla fine del mondo, “godendosi” gli ultimi istanti prima dell’oblio.

Fine...

Fino all'ultimo respiro...

Regia: Zak Hilditch

Produzione: 8th In Line, XYZ Films (2013)

con Jessica De Gouw, Sarah Snook, Nathan Phillips

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